E’ passato un anno e mezzo dall’Agosto del 2014 quando l’attuale, nostro malgrado, Presidente del Consiglio iniziava la sua personalissima battaglia di carta contro gli “Zero virgola” che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando la congiuntura economica di questi anni.
Una battaglia di carta in quanto inutile e superficiale, sintomo di scarsa, se non inesistente capacità di analisi economica di un piccolo ducetto di periferia che ben rappresenta il vuoto pneumatico dell’attuale esecutivo.
Ma il fenomeno di Rignano d’Arno non demorde e persevera come fatto il 5 Novembre, ovvero un mese fa. Al grido di “Sta finendo la dittatura dello Zero Virgola” e “Le riforme funzionano” che non guasta mai #ilbomba ci ha pure raccontato che nelle previsioni la curva del Debito Pubblico è vista in calo nel 2016.
Allora è giusto fare il punto della situazione dopo la nota mensile numero 11 dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana.
Si badi bene che si tratta per l’appunto di una nota trimestrale che fa fede fino ad un certo punto. Il dato definitivo, soprattutto riguardo il PIL del 2015, lo avremo a Marzo del 2016.
Ma intanto abbiamo numeri sui quali riflettere perché dopo i dubbi che mi erano sorti qualche giorno fa a seguito della lettura dei dati su fatturato e ordinativi dell’industria ora abbiamo una ulteriore conferma del fatto che l’Italia viaggia al ritmo di più o meno “Zero virgola”. E ciò che più preoccupa è che tutto lascia pensare che si vada incontro ad un finale d’anno che sconfesserà clamorosamente le previsioni ottimistiche del Governo.
Il documento è disponibile sul sito dell’Istat (qui il PDF).
In fondo troviamo la nota di previsione sul PIL. Poche righe per dire che, senza mai dimenticare che potremmo avere sorprese, si spera positive, dal documento finale di Marzo 2016, il PIL italiano dovrebbe attestarsi sul + 0,7% per il 2015, sotto lo 0,9% previsto solo due mesi fa dal Governo.
Ora, è vero che questi sono solo “Zero virgola”, ma quello che non ci racconta il furbetto di Rignano è che se vuoi far quadrare i conti e far felici gli “amici” della Commissione Europea devi tener conto anche di uno scarto di 0,2 percentuali rispetto alle tue ottimistiche previsioni, perché si tratta di miliardi che ballano tra lo stare dentro centri parametri oppure andare a tutta velocità a far scattare la leva delle famigerate clausole di salvaguardia, a meno che non si decida di calcare la mano su altre voci.
I discorsi sulla fiducia e sulla necessità che il popolo italiano si dia una sveglia sono condivisibili, ma dovrebbero esser fatti da chi mette in campo tutti gli strumenti possibili per permettere all’economia reale di prendere una grossa boccata d’aria. E quando si parla di economia reale si parla di donne e uomini e non di banche e finanza.
Non bastano le brioches da 80 euro ma occorrono cure ricostituenti.
Non basta eliminare la tassa sulla prima casa che porta via dalle casse dello Stato 4/5 miliardi peraltro recuperabili sotto altre forme (leggere bene il testo della finanziaria per non farsi infinocchiare).
Non basta abbassare il Canone RAI a quota 100 euro (che poi se lo metti in bolletta lo fai pagare a chiunque e alla fine raccogli più soldi di prima) per un servizio pubblico che peggiora ogni giorno che passa a vista d’occhio.
Nel frattempo non dimentichiamo mai che stanno svendendo pezzo dopo pezzo tutto ciò che resta del patrimonio pubblico. Prima o poi finirà.
Facciamo due cose tanto semplici quanto apparentemente impossibili per chiunque anche solo da nominare?
Abolizione tout court dell’IVA e abbattimento di almeno la metà delle imposte che gravano sul lavoro dipendente.
Ah, senza mai dimenticare che dobbiamo tornare ad essere Paese sovrano che può battere moneta e dobbiamo cancellare lo scempio costituzionale del Pareggio di Bilancio.
Poi ne riparliamo.