La notizia è di qualche giorno fa ma oggi ho avuto modo di andare a spulciare i documenti per capire meglio cosa è stato deciso.

Si tratta del salvataggio di quattro piccole banche nostrane: Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A., Banca delle Marche S.p.A., Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio – Società cooperativa e Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A. da tempo commissariate.

Il Ministero dell’Economia e il Governo (qui la news), di concerto con la Banca d’Italia (qui la news), hanno emanato il Decreto n. 183 “Disposizioni urgenti per il settore creditizio” (qui il testo in Gazzetta Ufficiale) con il quale di intende dare avvio alle procedure di risoluzione relative ai quattro enti.

In definitiva accade che i quattro enti vengono cancellati creando due nuove entità per ciascuno. Come già siamo statio abituati a vedere in passato si creano una bad e una good company. Nominalmente ognuna vedrà aggiunto al suo vecchio nome un “Nuova”.

Ora, quando si sente parlare di bad company sorgono i soliti dubbi dal momento che a gestire il tutto è la Banca d’Italia che pur se partecipata dall’intero sistema bancario privato resta sempre un istituto di diritto pubblico.

In passato le bad company, come per esempio nel caso di Alitalia, ce le siamo sorbite tutte noi cittadini mentre il buono che restava delle compagnie andava ai soliti squali pronti a lucrare e a ricreare la stessa situazione deficitaria a distanza di qualche anno.

Qui sembra che non vi sia esposizione pubblica o che al massimo sia davvero molto limitata.

Infatti il fondo di risoluzione (in verità possono essere più di uno) istituito da Banca d’Italia (Art. 78 del relativo Decreto Legge n. 180 del 2015) seguendo la normativa europea chiama in causa la banche stesse. Sono quindi loro a dover alimentare il fondo e non pare esserci alcun intervento diretto dello Stato.

Banca d’Italia gestisce tutta la procedura come spiegato nella sezione “Provvedimenti dell’Autorità di risoluzione delle crisi” (qui il link – da qui si può poi andare a vedere ognuno dei quattro casi) del sito della stessa. Oltre quindi alla cancellazione della banca in crisi ci si occupa di creare una società ponte che possa incamerare le passività e parallelamente si crea il nuovo istituto ricapitalizzato dal Fondo di Risoluzione.

Il tutto col beneplacito della Commissione Europea (qui il link) che non ha ravvisato alcun problema in merito ai potenziali aiuti di Stato che potrebbero ledere la concorrenza.

Restano le passività che vengono cancellate con un colpo di spugna ma dietro le quali si celano veri e propri titoli azionari. Non mi è chiaro, da ignorante in materia, cosa accada a coloro che hanno sottoscritto pacchetti di investimento nei quali sono presenti questi titoli azionari.

L’altro dubbio riguarda invece la normativa europea che, se non erro, a breve subirà una evoluzione in materia. In particolare si paventa la possibilità di far ricadere anche sui correntisti delle banche in questione (si parla di coloro che hanno depositi superiori ai 100.000 euro) gli oneri per il salvataggio degli enti in crisi.

Anche per questo motivo il Governo ha accelerato e chiuso la faccenda prima di doversi adeguare alle prossime novità.

Considerando poi che la maggior parte delle banche europee se non sono tecnicamente fallite ci vanno molto vicino il futuro prossimo per chi decide di tenere i soldi in banca potrebbe non essere definito propriamente roseo.

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