In questi giorni hanno tenuto banco le elezioni in Moldavia e Georgia. Elezioni che sono state anche una sorta di referendum – in Moldavia vero e proprio – sulla adesione alla UE dei due paesi.
Nel primo il voto referendario ha visto la vittoria di misura del SI’ all’avvio del processo di modifica costituzionale propedeutico alle fasi successive per l’ingresso nella UE.
Un voto palesemente truccato dai filo UE grazie ai brogli sul voto estero.
Il voto interno aveva infatti visto una netta affermazione dei NO (Sito ufficiale: https://pv.cec.md/cec-template-referendum-results.html), ma poi sono arrivati i pacchi di voti dai pesi occidentali e tutto è cambiato.
Sarebbe tutto lecito se non ci fosse stato il caso russo con le centinaia di migliaia di moldavi residenti a Mosca e dintorni che non hanno potuto esercitare il proprio diritto di voto a causa della scarsità di schede messe a loro disposizione dal paese di origine – si parla di circa 10.000 schede per più di 300.000 aventi diritto al voto – con conseguente manipolazione della regolarità del voto.
Per contro la signora Sandu, Presidente moldava, ha accusato la Russia di aver comprato 300.000 voti, guarda caso più o meno il numero di possibili votanti “russi” esclusi (https://tass.com/world/1858981).
E ricordiamo che il SI’ ha vinto per appena 9.000 voti di differenza.
In Georgia è andata male e a vincere è stato il partito di governo che non ne vuole sapere di finire nel tritacarne atlantista, come accaduto all’Ucraina (e come accadrà alla Moldavia?).
Ora però si sono messi in moto gli agenti occidentali capeggiati dalla signora Presidente Salome Zourabichvili che ha accusato i russi di aver falsato il voto. Russi che hanno respinto le accuse al mittente (https://tass.com/politics/1863367).
Il rischio di un nuovo tentativo di “rivoluzione colorata” eterodiretta è dietro l’angolo.
In definitiva ormai dovrebbe essere chiaro che il nostro motto democratico è:
“Se vinciamo noi va tutto bene, se vincono gli altri è tutto truccato!“
Francamente ne ho abbastanza di essere trattato come un bimbetto scemo con la storiella del “noi siamo i buoni, i migliori e gli altri sono il male, i cattivi”.
Come da copione prosegue il genocidio a Gaza e l’allargamento delle operazioni in Libano.
Il teatrino israelo-iraniano sul botta-e-risposta coi motorini tirati da una parte e dall’altra nasconde la volontà di non farsi troppo male mentre i palestinesi, e ora anche i libanesi, continuano a morire senza che nessuno mostri vera volontà di fermare il massacro.
Nel frattempo siamo arrivati a 180 giornalisti uccisi dai sionisti a Gaza.
Mettiamolo in evidenza anche pensando a quel che accade negli USA dove Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, ha detto ai suoi giornalisti di non prendere posizione riguardo alle imminenti elezioni presidenziali.
Ora, è ovvio che Bezos lo faccia per mero interesse – ed è altrettanto ovvio che tutti sappiano che Trump vincerà nettamente, a meno di nuovei brogli col voto postale e il sistema elettronico. D’altro canto la signora Harris è davvero impresentabile, anche peggio del Presidente in carica – e non perché improvvisamente ha deciso di fare l’editore puro. Ma resta il fatto che, stando col Machiavelli, “Il fine giustifica i mezzi” e quindi accolgo con piacere li fatto che i giornalisti siano chiamati a fare il loro mestiere in modo imparziale e non da propagandisti dell’una o l’altra fazione in gara.
Chiudo con un pensiero per il Sudan, paese martoriato da una grave guerra civile del quale pare non interessare nulla a nessuno dalle nostre parti.
Nell’articolo pubblicato da Middle East Eye si parla del disastro umanitario in corso (https://www.middleeasteye.net/news/sudan-humanitarian-workers-face-unimagined-horrors).
Dopo 18 mesi di guerra 3 milioni di persone son scappate all’estero e 11 milioni sono state costrette a scappare dalle proprie abitazioni disperdendosi all’interno del paese.
Condivido alcuni estratti per meglio comprendere la situazione:
Un bambino di circa sei o sette anni si è avvicinato a Waseem Ahmad, CEO di Islamic Relief, e gli ha chiesto se aveva dei dolci. “Ho capito che era malnutrito”, ha detto Ahmad a Middle East Eye. “Gli ho chiesto cosa avesse mangiato e mi ha detto che aveva mangiato tutto quello che aveva trovato per strada: erba e insetti”.
Le persone usano lo stupro e la violenza come arma di guerra
Ciò che ho visto negli occhi delle donne che hanno subito violenza sessuale, che hanno visto i loro figli uccisi davanti a loro… Questo non è qualcosa che si desidera in questo secolo.
Viviamo un tempo in cui si parla tanto di evoluzione, di crescita, di innovazione, di grandi passi avanti fatti dall’umanità.
Io vedo molto di tutto questo, ma continuo anche a osservare il nostro lato oscuro sempre ben in vista e sempre ben nutrito dalla nostra bestialità.
Là fuori c’è un vero e proprio bagno di sangue, che sia, seppur in dimensioni differenti in Ucraina, a Gaza o in Sudan poco cambia.
Avremmo tutti gli strumenti per fermare ogni guerra se solo volessimo.
La realtà è che non lo vogliamo e preghiamo solo che non accada più a noi come fu nel secolo scorso.
Perché?
Perché siamo umani… nel bene e nel male.