Dal momento che i ricconi continuano a fare i ricconi, e noi pecorelle glielo lasciamo, fare tocca parlare dell’imminente Forum Economico di Davos.

L’incontro tra (circa) 100 rappresentanti di governo e pù di 1.000 manager di aziende considerate chiave per i loro piani si terrà tra il 15 e il 19 gennaio (https://www.weforum.org/events/world-economic-forum-annual-meeting-2024/) nella cittadina svizzera di Davos.

Una Davos che sarà al solito blindata per evtare il contatto indesiderato con rappresentanti del bestiame umano che costoro vogliono continuare a condurre indisturbati, il che stride non poco con il motto della edizione 2024 che recita “Rebuilding Trust” (“Ricostruire la Fiducia“). E siccome si tratta della fiducia nei loro confronti fa sorridere volerla riconquistare puntando una pistola, non solo metaforica, addosso a chiunque abbia l’ardire di presentarsi da quelle parti per far notare che non siamo proprio d’accordo con le loro agende. Ma si sa che una pecora spaventata acconsente più docilmente ai desiderata del pastore.

Detto questo mi voglio soffermare su un articolo a firma di Priya Agarwal Hebbar che appre sul sito del WEF. In questo articolo si parla di futuro sostenibile e dei minerali che servono per garantircelo (https://www.weforum.org/agenda/2024/01/mining-decarbonise-emissions-india/). Perché quando si parla seriamente di certe questioni emergono colossali contraddizioni che rendono l’idea di quanto sia propagandistico il martellamento mediatico sulla transizione “green”.

Al di là dell’incipit sul riscaldamento globale nel quale si cita quell’Imperial College of London che su tra i maggiori protagonisti delle Fake News divulgate a inizio farsa pandemica, e perciò decisamente attendibile nelle sue disamine “climatologiche”, faccio notare la comparazione tra auto elettriche e auto cosiddette convenzionali nell’uso di minerali (https://www.iea.org/data-and-statistics/charts/minerals-used-in-electric-cars-compared-to-conventional-cars) a cura dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. Il grafico qui sotto è piuttosto eloquente.

La questione non è di poco conto ed è una delle tante che persone come me, anni fa sostenitore dell’elettrico che oggi ha cambiato idea dopo studi sui documenti di settore più analitici, non possono ignorare.

Ciò non significa essere contro l’elettrico a prescindere – l’elettrico fu tra le vittime della scela del petrolio come ase dell’economia mondiale insieme con materie prime come la canapa o sistemi per lo spostamento come i dirigibili o ancora sistemi di cura un tempo considerati tradizionali e ora tacciati di sciamanesimo d’accatto, ma questa è un’altra storia – ma contro la narrazione e la propaganda che ci vuole condurre dentro una nuova fase del capitalismo e del consumismo.

Il calcolo fatto dice di ben 173 kg in più di minerali che servono per realizzare un’auto elettrica. E queste materie prime necessarie per la nostra rivoluzione “green” hanno un impatto enorme sul nostro ambiente. Un impatto che non è sanabile poiché le miniere una volta esaurite semplicemente si abbandonano lasciando sul terreno le promesse fatte alle popolazioni locali alle quali resta il classico pugno di mosche in mano e l’unica possiblità di andarsene per non morire insieme alla loro martoriata terra.

Da notare anche l’uso dei minerali per la produzione energetica nella seconda parte del grafico qui sotto.

Però tranquilli perché le soluzioni ci sono e ce le propone uno dei centri di pensiero e lobbying di maggior peso, ovvero McKinsey. In questo articolo di due anni fa troviamo un bel quadro di insieme riguardo i minerali (https://www.mckinsey.com/industries/metals-and-mining/our-insights/the-raw-materials-challenge-how-the-metals-and-mining-sector-will-be-at-the-core-of-enabling-the-energy-transition), l’abnorme crescita delle domanda negli anni a venire e le possibili strategie per soddisfare la stessa. D’altro canto il titolo del paragrafo “Greening metals” è tutto un programma.

L’autrice afferma quanto sia contraddittorio il voler andar dietro a questo colossale sfruttamento di minerali per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero sbandierato alla ennesima COP tanto per fare un po’ di scena.

Il fatto divertente è che a scrivere è una rappresentante dell’industria indiana, quell’India che insieme alla Cina è il più grande inquinatore a livello mondiale. Ma questo è solo un dettaglio perché il governo Modi ha lanciato il “Green Credits programme” (https://indianexpress.com/article/explained/everyday-explainers/what-is-the-green-credits-scheme-which-pm-modi-mentioned-at-cop28-9050627/), che è un po’ come il nostro sulla CO2 ma più figo. In buona sostanza anche in India hanno abbracciato la finanziarizzazione della questione ambientale. Evviva!

Ormai siamo persi dietro alla credenza che tutto sia governabile attraverso la finanza.

Vuoi inquinare? Mica te lo vieto, paghi e puoi inquinare presentandoti come virtuoso. I pezzenti invece sanno già cosa li attende.

Il vero, grande salto evolutivo sarebbe quello di abbandonare il denaro creare una economia del dono, unica base necessaria per poter ragionare in termini nuovi con la possiblità di conviverein vera armonia con l’ambiente circostante.

Ma per fare ciò occorre un salto evolutivo dell’intera umanità, o almeno di una enorme massa critica, che al momento attuale io proprio non riesco nemmeno a intravvedere.

Tra qualche secolo o forse millennio chissà!

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