Questo in sintesi il pensiero dei killer finanziari quali sono Mario Draghi e il fu Beniamino Andreatta.
Draghi ha onorato da par suo Andreatta partecipando alla cerimonia di intitolazione della Aula magna alla Business School di Bologna (https://www.governo.it/it/articolo/draghi-alla-cerimonia-di-intitolazione-dell-aula-magna-di-bologna-business-school-nino).
Ascoltare bene le parole spese per un uomo che ha “riformato” buona parte della scuola di alto livello italiana, con i risultati che oggi possiamo “apprezzare”.
Nel 2008 Draghi descrisse alla perfezione tutte le malefatte di Andreatta beatificandolo a modo suo, in quell’occasione in veste di governatore di Banca d’Italia ad un convegno in memoria del suo sodale, e fornendo a chiunque abbia un minimo di cervello funzionante la confessione di un killer finanziario che non necessita altre parole, se non le sue.
Aggiungiamo la documentazione relativa al divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, primo tassello del domino che ha portato al lento e inesorabile declino di un Paese giunto al quarto posto mondiale per ricchezza prodotta e ora portato quasi fuori dalle prima dieci posizioni – non che io sia un fan del PIL, tutt’altro, ma è corretto sottolineare il disastro che è derivato dalla scellerata decisione presa da Andreatta, allora Ministro e Ciampi, allora governatore di Banca d’Italia, nel 1981.
Per chi volesse fare una buona lettura mettiamo a disposizione le due lettere nelle quali si ritrovano elementi della perversa mentalità neoliberista imperante già allora e oggi ormai sdoganata come “cosa buona e giusta”.
Almeno così resteranno agli atti anche sul mio sito, casomai ci si tornasse su in futuro.
Ricordiamo che quando parliamo di Draghi (addirittura allievo di Federico Caffè) e Andreatta facciamo riferimento a due keynesiani convertiti, o forse dovremmo dire fulminati, sulla via del Dio capitale e del neoliberismo.
La questione è di fondamentale importanza per discernere meglio rispetto a due figure determinanti nel programma di demolizione controllata del nostro Paese.
Il fatto principale è che quel “si deve” è basato sulla più totale ascientificità delle premesse, ricche di fallacia e di supponenza, portate avanti dai rentiers globalisti che nulla concedono alla vera economia e tutto vogliono dalla mera speculazione finanziaria fatta su tutto e tutti.
Essi sono i campioni del nulla che si cela dietro piccoli gruppi elitari che altro non cercano se non di perpetrare il proprio dominio sulle masse di esseri inferiori.
E allora ben venga (per loro) togliere alla singola banca centrale di un Paese il diritto/dovere di coprire eventuali scoperti sui mercati finanziari che hanno reso i titoli di stato il secondo investimento migliore dopo l’oro in ogni luogo e in ogni tempo consegnando questa esclusiva, nel caso del continente europeo, alla BCE con conseguente creazione del famigerato vincolo esterno, quello che assume le sembianze di vero e proprio cappio al collo di chiunque aderisca al patto unionista.
La loro non è economia bensì macelleria sociale, o meglio lo è nel nuovo modo di intendere il significato della parola che mira a dare una interpetazione restrittiva (“fare economia”) nel senso di una gestione oculata al fine di ottenere il massimo con il minimo dispendio di energie (finanziarie).
Ma il senso vero della parola è un altro (“gestione della casa”) dove il saggio utilizzo delle risorse a disposizione si intende fatto al fine di non far prevalere nessuno sugli altri, armonizzando la crescita per ottenere un risultato complessivo senza appunto che nesusno resti indietro.
Esattamente il contrario di ciò che stiamo vivendo, e che la pseudo-pandemia ha pesantemente acuito, con l’estensione del predominio di pochissime oligarchie globaliste su una massa di miliardi di persone.
Purtroppo fin qui hanno vinto loro e se non ci diamo una sveglia, dopo il Ciampi governatore di Banca d’Italia e Presidente della Repubblica, avremo anche il Draghi che fa lo stesso percorso con la prospettiva di sette lunghissimi anni di disastri e deprivazioni che, credo, faranno impallidire tutto quello che già è stato in questi travagliati ultimi quarant’anni.