Ho un paio di dubbi su altrettante questioni emerse in questi mesi. Uno di natura “lessicale”, l’altro di carattere “scolastico”.
Come è noto da molti mesi a quelli come me, che fanno domande e mettono in discussione la vulgata ufficiale, viene impresso l’infame marchio di “negazionista”.
Ricordiamo il significato del termine “negazionista”:
Termine con cui viene indicata polemicamente una forma estrema di revisionismo storico (v. revisionismo), la quale, mossa da intenti di carattere ideologico o politico, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia moderna ma, spec. con riferimento ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l’istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l’esistenza o la storicità. (https://treccani.it/enciclopedia/negazionismo/)
Come evideziato dalla Treccani il fenomeno riguarda nello specifico la negazione dell’esistenza storica, per esempio, dei campi di sterminio nazista. E su questo dato di fatto avrei un’intera sezione della mia biblioteca personale a sancire che non sono certo di quella parrocchia.
Il problema però non sta nell’offesa nei miei confronti, alla quale, devo dire, non bado nemmeno, ma è nel silenzio, invero assordante delle comunità ebraiche mondiali.
Forse non ho avuto modo di trovare notizia di loro prese di posizione, ma credo proprio che non ve ne siano state, almeno fino ad ora. E ricordando come siano sempre state attente ad ogni tentativo di paralleli con l’olocausto che potesse essere inteso a sminuirne la portata mi sorprende, ma forse sono io che esagero, la totale assenza di reprimende nei confronti di coloro che utilizzano tale parola in malo modo.
Ancor più intrìgante, ma sempre per lo scrivente che potrebbe vedere troppo in là ed eccedere, appare il silenzio col quale si è accolto l’attacco alla scuola, nel nostro come in quasi tutti gli altri Paesi del mondo.
Per la cronaca riporto un articolo del Marzo 2020 del Jerusalem Post (https://www.jpost.com/HEALTH-SCIENCE/Coronavirus-Teachers-Union-calls-on-Education-Ministry-to-shutter-schools-620688) che ci ricorda come anche in Israele scuole e università siano state chiuse a più riprese.
Ora occorre contestualizzare dal punto di vista storico-religioso per comprendere meglio come mai mi sia venuta in mente la questione.
L’altro giorno ascoltavo le voci di bimbi, ragazzi, genitori e docenti che parlavano dei primi mesi di pandemia mediatica sottolinenando come siano stati terribili soprattutto sul piano psicologico – lo sono tuttora seppur io creda che col tempo l’assuefazione alla “nuova normalità” stia malauguratamente prendendo il sopravvento – e mi è tornato alla mente un passo del Talmud di Abraham Cohen che sto leggendo in questi giorni.
Piccola parentesi per precisare che anche se sono un discolo sulle questioni religiose, sia le cristiane che le altre, ciò non toglie che sia curioso e voglia saperne di più per cui, dopo Bibbia e Corano, era ovvio dotarsi del Talmud e più avanti della Torah. Poi chissà, magari ci lavoreremo sopra per delle video-letture “creative” da querela. Che volete? Son fatto così. Prendere o lasciare. Ed eventualmente denunciare (si fa per dire).
Chiusa parentesi leggiamo insieme alcuni passi tratti dal libro di Cohen.
Siamo al Capitolo V – La vita domestica, Capitoletto 4 L’Educazione:
Ma ancor più profonda era la coscienza che la vita stessa della comunità dipendeva dalla diffusione del sapere. Difficilmente la parola potrebbe esprimere con meggiore energia che in questi aforismi, l’importanza della educazione: ” ‘Non toccate i Miei unti e ai Miei profeti non recate danno’ (I Chron., XVI, 22): ”I Miei unti’ sono i bambini che vanno a scuola, ‘I Miei profeti’ sono i maestri “. ” Il mondo esiste solo per il respiro dei bambini che vanno a scuola “. ” Non si può sospendere l’istruzione dei bambini neppure per la costruzione del Tempio “. ” Una città in cui non ci sono bambini che vanno a scuola sarà distrutta ” (Shab. 119 b)
[…]
È questo probabilmente il più antico documento attestante l’istituzione di una educazione universale in un paese. Col tempo, questa eccellente istituzione, a quanto pare, cominciò a declinare, se troviamo un Dottore che dichiara: ” Gerusalemme fu distrutta solo perché la gente trascurava di mandare i bambini a scuola ” (Shab. 119 b). Con tale dichiarazione egli non voleva stabilire un fatto storico, quanto convincere i suoi contemporanei del pericolo cui si va incontro a non utilizzare le scuole per l’istruzione dei figli. Non tutti i genitori si dimostravano così negligenti: si legge di un Dottore che ” non prendeva mai la sua colazione finché non aveva condotto suo figlio a scuola ” (Kid. 30 a).
Ora, è chiaro che parliamo principalmente di precetti religiosi riportati nel Talmud e riferiti in particolare allo studio della Torah. Ma si ricorda che l’istruzione universalistica è presumibilmente nata proprio a Gerusalemme e credo si possa affermare che per il popolo ebreo la sacralità dell’istruzione non è mai in discussione. Come detto nei passi riportati, nemmeno in occasione della ricostruzione del Tempio – cosa che peraltro pare sia iniziata proprio in questo periodo, ma questa è un’altra storia – è concepibile fermare la scuola.
Anche in questo caso le comunità ebraiche da Israele a Roma e via via in tutto il mondo sono rimaste, per quanto mi risulta, silenti di fronte a un affronto di tal portata.
Saranno solo effimere elucubrazioni personali e curiosità da botteguccia pseudo-letteraria, ma credo che reppresentino una ulteriore prova del fatto che viviamo tempi eccezionali dei quali ancora non comprendiamo appieno la portata.
Ad ogni modo il silenzio ebraico a me suona davvero insolito.