A quanto pare – è ciò che emerge dalla lettura del documento “O.E.C.D. Pensions Outlook 2018” – quelli dell’O.C.S.E. hanno trovato la gallina dalle uova d’oro. O forse hanno semplicemente ribadito che da lì salteranno fuori tanti miliardi per rimettere in riga gli stati “spendaccioni”?
Cari pensionati, ma soprattutto cari superstiti che usufruite della pensione di reversibilità credo proprio che la parte conclusiva di questo documento non vi piacerà.
Prima però vediamo come ha dato la notizia “Mamma RAI“.
Nel TG di mezzodì Rainews dice che il documento OCSE indica l’Italia come il Paese dove c’è la più alta spesa per le pensioni di reversibilità.
Stop! Nulla di più.
Il dono della sintesi all’ennesima potenza pensando che hanno parlato di un documento che conta 257 pagine. Ma iniziamo ad instillare nella mente del popolino il tarlo di una inutile, ed onerosa spesa pensionistica.
Da qualche anno dico a mia madre, che chiaramente ogni volta si risente (eufemistico), che arriverà il giorno in cui inizieranno a decurtare la reversibilità che le spetta di diritto.
Reversibilità che per inciso è il frutto della pesante decurtazione (-40%) ad fontem fatta nel lontano 2004, quando mio padre morì dopo soli 3 anni di pensione e si fecero tutti gli adempimenti del caso con l’INPS.
Ma questa è storia nota a milioni di persone.
Torniamo al documento OCSE (download a pagamento, ma lo si può comunque leggere online qui: https://read.oecd-ilibrary.org/finance-and-investment/oecd-pensions-outlook-2018_pens_outlook-2018-en#page1) per vedere intanto che lor signori hanno avuto la sfrontatezza di pubblicare una copertina con le uova d’oro – da qui il mio titolo che pecca di originalità, ma è imprescindibile – per significare che è lì dove si deve andare a pescare per far quadrare i conti.
Iniziano col dire che al giorno d’oggi “There is no obvious justification why widowed persons should be granted higher safety net benefits than other individuals in a similary poor income situation.” (“Oggi non c’è ragione di garantire maggiori benefici a chi perde il coniuge rispetto ad altri che si trovano in condizioni similari di povertà.“).
Che bello! Se sei pezzente non è giusto che la reversibilità ti permetta di essere un po’ meno pezzente dei tuoi simili (economici).
Tra le altre poi aggiungono “Moreover, survivor pensions might hamper the employmente of women as the benefits could reduce incentives to work, potentially leading to labour market exit or reduced working hours.” (“Inoltre, le pensioni di reversibilità potrebbero ostacolare l’occupazione delle donne poiché i benefici potrebbero ridurre gli incentivi al lavoro, portando potenzialmente all’uscita dal mercato del lavoro o alla riduzione dell’orario di lavoro.“).
Arriva poi la tabella citata da Rainews.
Ed ecco la nostra bella Italia al comando della classifica degli “spendaccioni” per le pensioni di reversibilità.
E vista l’aria che tira di questi tempi essere in testa a certe classifiche fa già pensar male.
Si parla poi delle donne che lavorano sempre di più e non hanno lo stesso trattamento degli uomini, il che si riflette anche sulla pensione.
Pensioni più basse per la parte di popolazione mondiale che vive più a lungo induce ad un tasso di povertà più alto tra le donne.
Ma quindi che fai, le tocchi?
Curiosità. In questo che è il “gender gap” tra uomini e donne noi siamo nelle zone alte, ma al comando c’è la Germania.
“Mamma RAI” questo non lo ha ricordato.
Un’altra tabella fotografa un dato importante.
Dal 1990 al 2017 la percentuale rappresentata dalle pensioni di reversibilità sul monte totale delle pensioni di vecchiaia è passata in media dal 20% al 13% nei paesi OCSE.
In termini relativi stanno quindi già pesando decisamente meno.
Bontà loro, sottolineano poi che “After the death of their spouse, survivors without work history would have, on average across 35 OECD countries, an equivalised disposable income equal to 76% of its pre-death level.” (“Dopo la morte del coniuge, i sopravvissuti senza esperienza lavorativa avrebbero, in media nei 35 paesi dell’OCSE, un reddito disponibile equivalente al 76% di quello precedente.“) con un’ovvia perdita (economica) della “qualità di vita” del 24%.
In conclusione non troviamo ancora suggerimenti per l’implementazione di tagli pre-post, ma in questi documenti è importante cogliere le sfumature.
A partire dalla copertina di pessimo gusto si intravedono una serie di ammiccamenti alla questione delle questioni.
Il Welfare State deve essere smantellato e messo nelle mani di grandi colossi privati.
Il progetto di privatizzazione delle pensioni è sul tavolo da decenni e noi ne dovremmo sapere qualcosa.
Per nostra disgrazia abbiamo dato i natali, tra gli altri, a quella signora (ne avevo parlato tempo fa: http://www.busnosan.it/wp/2016/09/14/sistema-pensionistico-privato-atto-ii/) che se andava in giro nel 2000 a promettere a schiere di investitori privati che avrebbe messo nelle loro mani tutto il settore pensionistico; con calma però , perché certe fregature al popolino gliele devi rifilare con pazienza… e tanta vaselina.
E la vaselina te la forniscono i cosiddetti mercati.