Il Presidente del Consiglio della Groenlandia, Mute Egede, nel suo discorso di fine anno ha espresso la volontà di spingere per una indipendenza del paese dalla madre patria Danimarca.
Espressione di una volontà legittima che però non può passare inosservata dopo le esternazioni dell’ormai prossimo all’entrata in carica Presidente degli USA, Donald Trump, il quale ha detto di voler acquistare la Groenlandia qualche giorno fa.
Proposta che era già stata rimandata al mittente tempo fa, ma oggi il dubbio sorge pensando anche ad altre uscite, descritte da alcuni come folcloristiche, su Canada e Messico come possibili nuovi stati della federazione a stelle e strisce.
Il Presidente Egede non ha citato Trump, come si legge nell’articolo pubblicato sul South China Morning Post (https://www.scmp.com/news/world/united-states-canada/article/3293382/new-year-speech-greenlands-leader-steps-push-independence-denmark?module=top_story&pgtype=homepage) di cui riporto la traduzione, ma chissà che sotto non ci sia proprio una trattativa con lo Zio Sam.
Non è difficile immaginare a cosa possa mirare Washington se si guarda alla posizione della Groenlandia sulle mappe.

Nel discorso di Capodanno, il leader della Groenlandia intensifica la spinta per l’indipendenza dalla Danimarca

Il discorso del PM Mute Egede segue i commenti di Donald Trump, che ha espresso il suo desiderio di “proprietà e controllo” della Groenlandia da parte degli Stati Uniti

Il primo ministro della Groenlandia Mute Egede ha sottolineato il suo desiderio di perseguire l’indipendenza dalla Danimarca, il suo ex sovrano coloniale, durante il suo discorso di Capodanno, segnando un cambiamento significativo nella retorica che circonda il futuro dell’isola artica.
Il discorso di Egede, che segue i commenti del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump che esprime il suo desiderio di “proprietà e controllo” della Groenlandia, ha anche espresso il desiderio di rafforzare la cooperazione della Groenlandia con altri paesi.
“È giunto il momento che noi stessi facciamo un passo avanti e diamo forma al nostro futuro, anche per quanto riguarda con chi coopereremo strettamente e chi saranno i nostri partner commerciali”, ha affermato. Negli ultimi anni, un movimento indipendentista ha guadagnato terreno in Groenlandia, in parte a causa delle rivelazioni di cattiva condotta da parte delle autorità danesi nel corso del XX secolo, tra cui una campagna di controllo delle nascite involontaria lanciata negli anni ’60.
La Groenlandia è stata una colonia danese fino al 1953, ma ora è un territorio autonomo della Danimarca e nel 2009 ha ottenuto il diritto di rivendicare l’indipendenza tramite voto. Nel 2023, il governo della Groenlandia ha presentato la sua prima bozza di costituzione.
“La storia e le condizioni attuali hanno dimostrato che la nostra cooperazione con il Regno di Danimarca non è riuscita a creare una piena uguaglianza”, ha affermato Egede.
“È giunto il momento per il nostro paese di fare il passo successivo. Come altri paesi nel mondo, dobbiamo lavorare per rimuovere gli ostacoli alla cooperazione, che possiamo descrivere come le catene del colonialismo, e andare avanti”, ha affermato.
Ha aggiunto che spettava al popolo della Groenlandia decidere sull’indipendenza, ma non ha detto quando si sarebbe potuto tenere un voto. Mentre la maggioranza dei 57.000 abitanti della Groenlandia sostiene l’indipendenza, c’è divisione sui tempi e sul potenziale impatto sugli standard di vita.
Il governo della Groenlandia ha respinto due volte le offerte di Trump per acquistare l’isola, nel 2019 e di nuovo l’anno scorso, con Egede che ha affermato che “la Groenlandia è nostra. Non siamo in vendita e non lo saremo mai”.
Il discorso non ha menzionato Trump o gli Stati Uniti. La capitale della Groenlandia, Nuuk, è più vicina a New York della capitale danese Copenaghen.
Nonostante la ricchezza di risorse minerarie, petrolifere e di gas naturale, l’economia della Groenlandia rimane fragile, fortemente dipendente dalla pesca e dalle sovvenzioni annuali dalla Danimarca.
Si prevede che la Groenlandia terrà elezioni parlamentari prima del 6 aprile.

Da un grande paese per estensione territoriale con una popolazione piuttosto ridotta a una piccola enclave russa all’interno del territorio moldavo.
La Transnistria vive un momento difficile dopo l’interruzione del flusso di gas dalla Russia tramite Ucraina.
I nostri media di regime, falsi come al solito, hanno raccontato a modo loro la vicenda impuntando la colpa ai russi di Gazprom, ma sappiamo bene che la volontà degli stessi era quella di rinnovare il contratto appena scaduto nonostante gli ucraini siano stati cattivi locatari, se così possiamo dire, avendo non solo incassato le laute prebende per il passaggio del gas sul loro territorio e nel contempo avendone rubate enormi quantità per il proprio uso.
Dopo più di due anni e mezzo dall’inizio della guerra tra i due paesi, con questo gasdotto mai toccato da una parte e dall’altra, siamo arrivati al dunque.
Al di là delle esclamazioni di giubilo dei dementi che non comprendono, o sono pagati per fingere di non comprendere, che per noi l’unica cosa che cambia è che avremo il gas a prezzi sempre più alti, mentre i russi continueranno a venderlo in altre forme e per altre vie,
quel che mi preme far notare è che paesi come Slovacchia, Ungheria, Romania, Moldavia, Croazia, Serbia e anche Austria qualche problemino lo avranno e, anzi, già lo stanno avendo.
E come detto dentro la Moldavia c’è quella Transnistria che oggi sta usando il carbone e ha fermato tutte le sue industrie a parte quelle alimentari.
Alla popolazione la cosa non andrà giù tanto facilmente e considerando che la Moldavia ovviamente la taglierà fuori dai rifornimenti in arrivo da altri paesi, sempre che vi siano, i transnistri non potranno che chiedere l’aiuto di Mosca.
Se ben ci si ricorda Vladimir Putin ha più volte ribadito che uno degli obiettivi della campagna russa in Ucraina è quello di arrivare fino a Odessa.
A questo punto sono curioso di vedere come gestiranno la situazione gli amici di Washington che tanto hanno puntato, nel nuovo corso trumpiano, sulla risoluzione pacifica del conflitto in pochi giorni, se non addirittura ore.
A mio avviso diventa esiziale per la Transnistria il ricongiungimento con la Russia attraverso la conquista di Odessa.
Ciò implicherebbe ulteriori perdite nette per Kiev, ma sappiamo che il tossico ha già svenduto il suo paese ai grandi fondi di investimento USA per cui non si fa problemi a rischiare che l’Ucraina sia tagliata fuori dal Mar Nero.
Mi domando se per i paesi europei e per gli amici anglo
sarà accettabile prendere un’altra sberla come questa.
Qualche osservatore più attento lo aveva detto che le enclave russe in altri paesi avrebbero potuto rappresentare i prossimi pomi della discordia.
Forse siamo arrivati al dunque.

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