Dopo l’intervista di qualche settimana fa sul canale Youtube di Pubble – curiosamente questo è uno dei video che più ci ricordano come per i sionisti i palestinesi siano solo bestie, in questo caso cavie da laboratorio, eppure è anche uno dei meno visti sul canale (https://www.youtube.com/watch?v=rgNC4DxF7fU) – è la volta di Middle East Eye che ricorda il lavoro importante del giornalista investigativo Antony Loewenstein.
Nel suo podcast si parla di come Israele sfrutti i momenti di guerra calda contro i palestinesi per le sue sperimentazioni, che peraltro avvengono anche nel quotidiano apartheid al quale assoggettano la popolazione di Gaza e nei territori occupati.
Di seguito la traduzione dell’articolo (https://www.middleeasteye.net/opinion/israel-palestine-laboratory-profits-oppression-how).
–
The Palestine Laboratory: come Israele trae profitto dall’oppressione
Basato sull’omonimo libro di Loewenstein, il podcast esplora come i progressi militari e tecnologici di Israele vengono utilizzati per sostenere l’oppressione dei palestinesi, mentre vengono contemporaneamente commercializzati a scopo di lucro a livello globale.
Questa tetra intersezione tra occupazione, sorveglianza e profitto viene analizzata in quattro episodi: “Start-Up Nation”, “How to Make Friends”, “Privatising the Occupation” e “After October 7”. Offrono una prospettiva profondamente studiata sulla mercificazione del governo militare.
Al centro del podcast c’è un argomento potente: i palestinesi non solo sono disumanizzati e dominati dall’establishment politico e militare di Israele, ma la loro oppressione è anche trasformata in un’impresa a scopo di lucro.
Israele ha effettivamente esportato la sua occupazione, commercializzando le sue presunte innovazioni militari, sviluppate e testate sui palestinesi, a un pubblico globale. Questo punto risuona in tutta la serie, dipingendo un quadro serio di come apartheid ed economia siano terribilmente intrecciati. Il podcast è particolarmente tempestivo, poiché Israele continua il suo massacro sistematico di massa a Gaza. Con la guerra che ora entra nel suo 14° mese, uno speciale comitato delle Nazioni Unite ha recentemente concluso ciò che è stato affermato da tempo: le politiche e le pratiche israeliane a Gaza sono “coerenti con le caratteristiche del genocidio”.
I funzionari israeliani hanno delineato apertamente i loro obiettivi strategici, tra cui l’occupazione, l’annessione e la riduzione di Gaza in macerie. Queste azioni, nel loro orrore senza pari, non sono semplicemente atti di guerra, ma servono anche come un modo per Israele di ostentare sulla scena mondiale la sua abilità militare.
Giustapposizione agghiacciante
Uno degli episodi più importanti del podcast, “Dopo il 7 ottobre”, sottolinea questa connessione. Il 14 novembre 2023, durante l’assedio illegale da parte di Israele dell’ospedale al-Shifa di Gaza, le aziende militari e tecnologiche israeliane partecipavano contemporaneamente a Milipol Paris, una delle più grandi esposizioni sulla sicurezza nazionale al mondo. In questo evento, a cui hanno partecipato oltre 30.000 persone da 160 paesi, le aziende israeliane hanno esposto prodotti come le armi telecomandate sviluppate da SmartShooter, ampiamente testate a Gaza e nella Cisgiordania occupata. Tali prodotti sono commercializzati come “provati in combattimento”, con la loro efficacia dimostrata sulle popolazioni palestinesi.
Era causa ed effetto personificati. Come riportato da Haaretz ad aprile, clienti da tutto il mondo si sono interessati ai sistemi e alle armi israeliane “supportati da prove fresche dai campi di battaglia di Gaza e del Libano”.
La giustapposizione è agghiacciante. Mentre Gaza era sottoposta a una serie di crimini contro l’umanità, tra cui la morte di bambini prematuri nell’ospedale al-Shifa a causa della carenza di carburante e lo scavo di fosse comuni all’interno del complesso ospedaliero, le aziende israeliane stavano raccogliendo i frutti del complesso militare-industriale.
Loewenstein illustra in modo efficace come la pulizia etnica e l’occupazione dei territori palestinesi diventino un argomento di vendita per l’industria delle armi di Israele. È importante sottolineare che la serie non si sottrae alle brutali realtà sul campo, assicurando che le voci palestinesi siano centrate e non condizionate o qualificate.
Loewenstein parla con la giornalista palestinese Mariam Dawas da Gaza, che racconta gli orrori della sopravvivenza a sei assalti militari israeliani. Descrive come i civili di Gaza abbiano imparato a distinguere tra le armi che li stanno uccidendo: “La gente di Gaza sa quando è Apache. Sa quando è F-16”.
Di recente, è stato confermato che a Gaza sono state utilizzate armi più recenti, tra cui i jet F-35, aggiungendosi alla devastazione travolgente.
Tali resoconti di prima mano, intervallati nel podcast, assicurano che il tributo umano dell’aggressione di Israele rimanga in primo piano.
Modello inquietante
Oltre agli eventi attuali, il podcast approfondisce le dimensioni storiche del ruolo di Israele come facilitatore globale dell’oppressione. La giornalista Sasha Polakow-Suransky sottolinea lo stretto rapporto di Israele con il Sudafrica dell’apartheid, notando come il primo abbia ignorato le risoluzioni delle Nazioni Unite per cessare le vendite di armi e sia invece diventato uno dei maggiori fornitori di armi del secondo. Israele ha persino aiutato il Sudafrica a sviluppare un programma di armi nucleari, consolidando il suo ruolo di partner nell’oppressione. Un altro esempio straziante viene da Daniel Silberman, un attivista cileno la cui famiglia ha sopportato la dittatura militare di Augusto Pinochet negli anni ’70. Silberman descrive la complicità di Israele nell’armare e sostenere il regime, affermando: “In modo metaforico, un proiettile israeliano ha ucciso mio padre”.
La sua testimonianza sottolinea un modello preoccupante: l’industria delle armi israeliana ha scarso interesse per la pace, poiché la sua redditività si basa su conflitti e repressione sostenuti.
Oltre alle armi, il podcast esamina anche come la sorveglianza venga utilizzata come strumento di dominio. Mona Shtaya, un’attivista palestinese per i diritti digitali della Cisgiordania occupata, fornisce un resoconto personale della vita sotto intensa sorveglianza. Tale tecnologia, sviluppata per controllare i palestinesi, è diventata un’importante esportazione per Israele, ricercata dai regimi autoritari in tutto il mondo.
L’analisi di Loewenstein evidenzia quindi come Israele abbia trasformato la repressione in un modello che altri stati aspirano a emulare.
Episodio per episodio, The Palestine Laboratory svela gli strati della colonizzazione israeliana dei palestinesi, presentando una prospettiva che è spesso sottorappresentata nei media tradizionali. Mentre molta copertura si concentra sulla violenza immediata e sulle implicazioni politiche, questo podcast esplora i meccanismi strutturali che perpetuano l’occupazione israeliana.
Ramificazioni globali
Loewenstein è abile nel tessere insieme le implicazioni più ampie delle azioni di Israele, senza perdere di vista il loro impatto sui palestinesi. Contestualizza le campagne militari di Israele all’interno della sua strategia di marketing globale, mostrando come l’industria delle armi dello Stato tragga vantaggio dall’esibizione di tecnologie “collaudate”.
Questo duplice obiettivo assicura che il podcast sia sia informativo che profondamente umano, evidenziando le voci e le esperienze palestinesi mentre espone le ramificazioni globali delle politiche di Israele.
Il podcast è risoluto nella sua critica della complicità della comunità internazionale. Gli stati nazionali, innamorati della capacità di Israele di imporre il controllo e mantenere il predominio, si rivolgono spesso a lui per una guida. Questo punto è particolarmente enfatizzato in “How to Make Friends”, che descrive in dettaglio le partnership di Israele con regimi oppressivi in tutto il mondo.
Come spiega Loewenstein, la domanda che molti paesi sembrano porsi non è se tali pratiche siano morali, ma piuttosto: “Come si fa a farla franca?”
In un panorama globale crudele e sempre più autoritario, Israele è diventato sia un oppressore specializzato che un modello per gli altri. Come mostra Loewenstein, il fascino delle strategie di Israele risiede nella loro efficacia nel mantenere un sistema di supremazia e nel sopprimere le libertà. Ma questo cosiddetto successo avviene a spese di milioni di palestinesi, le cui vite sono distrutte dagli stessi sistemi di occupazione che Israele sta esportando all’estero.
Nonostante il suo argomento pesante, The Palestine Laboratory offre una prospettiva vitale e tempestiva, con approfondimenti chiave sui meccanismi della colonizzazione. Concentrando l’analisi degli esperti insieme ai resoconti di prima mano delle persone colpite, il podcast arricchisce la nostra comprensione dei sistemi di oppressione multistrato di Israele e delle loro più ampie implicazioni globali.
In un panorama mediatico che spesso marginalizza le prospettive palestinesi, The Palestine Laboratory si distingue. Sfida le narrazioni dominanti, contestualizza i crimini di Israele ed espone le conseguenze più ampie della sua occupazione. Per chiunque cerchi di comprendere l’intersezione tra tecnologia, repressione e profitto nel dominio di Israele sul popolo palestinese, questo podcast è un ascolto obbligatorio.
–
Insomma, in questi giorni abbiamo visto come sia irrilevante il destino del popolo palestinese per tutti gli attori coinvolti nell’area e fuori.
Si fanno fragili accordi di tregua con il Libano, francamente ridicoli, e si attacca la Siria tanto per rompere loso cojones a russi e iraniani.
Ma mentre tutto intorno si manovra per ridefinire l’assetto del Medio Oriente il popolo palestinese continua a essere, un po’ come quello afghano, il giocattolo dei macellai sionisti.
Abbiamo capito che c’è di mezzo l’economia con i piani israelo-anglo in chiave anti cinese e russa.
Abbiamo capito che c’è anche la storiella da pazzoidi legata alle assurdità contenute nei “testi sacri” che porta alla costruzione della “Grande Israele”.
Abbiamo capito che i sionisti vogliono fare piazza pulita sterminando o deportando gli indesiderati per potersi prendere tutto.
Ma va ricordato anche il laboratorio messo in piedi in quei luoghi, un laboratorio utile per testare armi e sistemi di controllo della popolazione che poi i sionisti vengono qui a vendere ai nostri maldestri governanti che non vedono l’ora di potersi comportare come loro fanno coi palestinesi.