Sul South China Morning Post è stato pubblicato un lungo articolo nel quale si analizza la politica accogliente riservata dai cinesi ai colleghi dei paesi africani.
“Perché la Cina offre ai leader africani un trattamento da tappeto rosso e la possibilità di chiedere favori” (https://www.scmp.com/news/china/diplomacy/article/3225939/why-china-gives-africas-leaders-red-carpet-treatment-and-chance-ask-favours?module=feature_package_2_1&pgtype=homepage) ci ricorda innanzitutto perché la politica delle sanzioni usata ancora oggi da noi occidentali è deleteria. Per contro la Cina si propone come un partner affidabile che tratta gli altri da pari a pari (stile Mattei per intenderci). Ciò non significa che sul lungo periodo non voglia ottenere il dominio sui paesi africani – teniamo a mente che i tempi cinesi non hanno nulla a che fare con la nostra frenetica ricerca del risultato immediato (se si leggono i resoconti di viaggio di Tiziano Terzani ci si può fare un’idea).
Mentre il Presidente dell’Eritrea Isaias Afewerki viene accolto coi massmi onori a Pechino lo stesso paese, poiché la sua leadership politica non è evidentemente gradita, viene sottoposto a sanzioni. A chi guarderà con maggior favore questo paese?
Questo dato, con altri esempi fatti all’interno dell’articolo, ci ricorda anche che l’Occidente ha inteso mantenere una gestione piramidale nella quale al livello più basso sono collocati i cosiddettit paesi sottosviluppati, che però oggi chiamiamo con magnanimià “in via di sviluppo”, ai quali non è quasi mai concesso di sedere nei più alti consessi se non in qualità di osservatori. La Cina, e anche la Russia, cerca, almeno in facciata, di mantenersi sullo stesso piano di questi paesi. La cosa, sorprendentemente per qualcuno dalle nostre parti, funziona.
La Cina, sempre in parallelo anche con la Russia, sta alleggerendo, quando non addirittura cancellando, il debitoo dei paesi africani e anche qui si gioca una carta importante per guadagnarsi la fiducia di questi ultimi. Noi occidentali siamo invece visti come coloro che hanno sfruttato per secoli il continente africano e ancora oggi vorrebbero continuare a farlo, magari inventandosi fantomatici piani di sviluppo che altro non sono se non reiterazioni dei vecchi modelli coi quali abbiamo saccheggiato le nazioni africane.
Interessante il dato che ci ricorda come il Presidente degli USA dal 1943 a oggi abbia visitato 16 dei 54 stati africani. Xi Jinping, che pur manca dal continente ddall’inizio della farsa pscio-sanitaria, si appresta a tornare per un summit dei B.R.I.C.S. in Sud Africa. Anche il Segretario di Stato si è visto poco o nulla. E la Cina? Ebbene, dal 2008 al 2018 le più alte cariche cinesi hanno visitato 79 volte l’Africa e 222 volte i leader africani si sono recati in visita a Pechino.
Oltre a questo c’è anche una proficua interazione tra i partiti politici.
Importante, oltre a quelle economiche, ricordare le ricadute geopolitiche di questa amicizia. La Cina infatti considera molto utile la collaborazione e il sostegno dei paesi africani in sede O.N.U. su varie questioni, buon ultima la continua interferenza americana sulla qestione Taiwan. Non che le risoluzioni delle Nazioni Unite siano poi così vincolanti, ma comunque a volte permettono di dare un alt a politiche aggresive di altri attori nei propri confronti.
Non mancano i problemi che vengono segnalati a fine articolo quando si parla di un rallentamento nel finanziamento cinese in Africa registrato nelgi ultimi anni. Ma qui è chiaro come abbia impattato la situazione venutasi a creare da fine 2019 in avanti.
Resta la sensazione che la saggia politica di apertura totale dei cinesi possa essere la scelta giusta per portare tutto il blocco africano dalla propria parte e poter così gestire nel miglior modo possibile – ricordiamoci che anche buona parte di Medio Oriente e Sud America si sta avvicinando a Pechino, e Mosca in seconda battuta – quello che io continuo a pensare sia il secolo cinese iniziato già da tempo.
A noi non resta che divertirci ogni volta che vediamo (presunti) leader come Macron che prendono sberle verbali ogni volta che si presentano in Africa o incrociano un Presidente di quel continente e sono costretti ad accettare il fatto di non essere più così tanto ben accetti da quelle parti.
Affonderemo, ma almeno ci sarà da ridere, per un po’.