Il fatto. Giovedì 30 marzo si stava disputando la finale della Abu Ammar Cup tra le squadre palestinesi Markaz Balata di Nablus e Jabal Al-Mukaber di Gerusalemme. In apparenza senza alcuna motivazione e senza alcun preavviso i soldati israeliani nel corso dell’intervallo tra primo e secondo tempo hanno lanciato all’interno dele terreno di gioco gas lacrimogeni. I presenti hanno lamentato problemi respiratori di varia natura. Anche alcuni calciatori hanno manifestato le medesime problematiche.
Ovvie le lamentele dei palestinesi a partire dalla Palestinian Football Association.
L’ennesimo esempio di cosa sia una vera occupazione che nessuno però ha intenzione di fermare.
Condivido la traduzione delle dichiarazioni riportate nell’articolo (https://www.middleeasteye.net/news/israel-palestine-cup-final-forces-fired-tear-gas).
“Senza preavviso, i soldati dell’occupazione hanno fatto piovere gas lacrimogeni sullo stadio, che sono cadute sul campo e tra le tribune, dove erano presenti centinaia di tifosi, bambini compresi”.
“Penso che quelli siano i neonazisti. Prendere di mira calciatori e tifosi e sparare gas lacrimogeni sul campo e allo stadio è una macchia sul volto dell’occupazione [israeliana]”.
“Crediamo che queste prove possano costituire la base per affrontare i crimini dell’occupazione contro il nostro popolo e contro gli sport palestinesi da parte di quei neonazisti”.
“I tifosi sono venuti a vedere giocare la loro squadra, ma l’occupazione non vuole che un bambino o un anziano viva una vita normale come le persone di tutto il mondo”.
“È un altro stigma non meno sporco di tutte le pratiche disumane a cui è sottoposto il nostro orgoglioso popolo palestinese”.
Come si ricorda nell”articolo a febbraio, le forze israeliane hanno demolito parte del Jenin Football Club durante i suoi raid sulla città.
Inoltre a ottobre, un tribunale di occupazione israeliano ha condannato Tariq Al-Araj, giocatore della nazionale palestinese, a quattro anni di carcere per appartenenza a un “gruppo bandito” dopo essere stato arrestato a un posto di blocco militare a Jenin.
La patetica scusa addotta dalle autorità israeliane – ricordiamo che oggi è in carica un governo che oltre al delinquente Netanyahu comprende anche numerosi esponenti della estrema destra sionista -è che da parte loro non si tollera che l’Autorità Palestinese possa organizzare e presenziare a eventi nella Gerusalemme Est sotto occupazione. Città che ricordiamo essere considerata dai palestinesi la capitale di quello stato che purtroppo non è mai riuscito a nascere.
L’elefante continua a restare nella stanza senza che nessuno si prenda in carico la questione e mentre gli atleti russi (e bielorussi) vengono trattati come bestie assassine a causa della guerra in Ucraina l’Indonesia, che coraggiosamente si era rifiutata di accettare la partecipazione di Israele ai Mondiali Under 20 in solidarietà col popolo palestinese si è vista togliere gli stessi dall pavida e corrotta FIFA (https://www.ansa.it/sito/notizie/sport/calcio/2023/03/29/indonesia-non-vuole-israele-fifa-le-toglie-i-mondiali-u20_2e901a1f-b474-4d3e-a0e9-7ecdbad7aa29.html).
Ricordo infine, tornando al titolo di questo articolo, che così come Israele non vuole che i palestinesi possano avere una vita normale allo stesso modo Kiev negli ultimi nove anni ha reso impossibile la vita degli abitanti del Donbass. Come disse l’ex presidente nonché delinquente di bassissima lega, Proshenko: “Noi lavoreremo, voi no! Noi avremo le pensioni, voi no! I nostri figli andranno a scuola, i vostri staranno chiusi nelle cantine!”.
E noi zitti.