Oggi condivido alcune notizie di segno opposto con prevalenza di buone nuove. Prima la cattiva che vede protagonista un farmaco, poi le buone con un vecchio vaccino che potrebbe tornare utile, un segno di normalità (non nuova, quella vera) da Taipei e una intervista da seguire con attenzione.
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Dici Remdesivir e pensi al farmaco che secondo l’OMS sarebbe l’unico ad avere dimostrato efficacia nel trattamento della COVID-19.
Su Bloomberg leggiamo dello studio clinico che attesterebbe la sua efficacia addirittura nel 62% dei casi (https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-07-10/gilead-s-remdesivir-linked-to-62-reduction-in-mortality-risk?srnd=premium-europe).
Che i test clinici siano arrivati dalla ditta produttrice – ci sarebbe quella storia del vino dell’oste che per lui è sempre buono – poco importa a lor signori, è fondamentale spingere il farmaco “miracoloso” che negli States ha trovato un grande fan nel dottor Antony Fauci fin dal principio.
Ora succede che nel frattempo l’idrossiclorochina continui ad essere boicottata nonostante funzioni così come avviene con Eparina, plasma iperimmune e, buon ultimo, il cortisonico che ha fatto salire sul podio i dottori inglesi coi complimenti dell’OMS, ma che era stato scoperto da quelli italiani due mesi prima con tanto di lettera al ministero cui non è mai seguita nemmeno una risposta. Ma si sa, cascasse il Mondo Speranza aspetta il vaccino.
Sul canale dell’IHU (https://www.youtube.com/user/ifr48/videos) del dottor Raoult, il primo ad utilizzarla e a proporre studi a supporto della sua efficacia, si trovano tutte le info sull’idrossiclorochina in associazione ad azitromicina.
Proprio il dottor Raoult – e qui qualcuno dirà che tira acqua al suo mulino, ma io riporto per dovere di cronaca – afferma che in Francia è stato eseguito uno studio sul Remdesivir dal quale è emerso che non funziona e potrebbe provocare danni ai reni dei pazienti. La prendiamo con le molle senza dimenticare che la Gilead, che produce il farmaco, ha già qualche scheletro nell’armadio che evidentemente il dottor Fauci e altri non vedono.
Chiudo ricordando che la cura di idrossiclorochina (dai 5 ai 7 giorni come da documento AIFA: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/0/idrossiclorochina1-002_01.04.2020.pdf) ha un costo attorno ai 100 euro, quella con Remdesivir negli States arriva ai 2.340 dollari (https://www.lesechos.fr/industrie-services/pharmacie-sante/coronavirus-pourquoi-gilead-fixe-le-prix-du-remdesivir-a-2340-dollars-1219934).
Come diceva Falcone?
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La prima buona notizia, almeno ipotetica, arriva da uno studio epidemiologico che dimostrerebbe l’efficacia “collaterale” del vaccino per la tubercolosi anche per e malattie da infezione respiratoria, COVID–19 compresa.
Stavo leggendo China News (https://www.chinanews.net/news/265725890/tuberculosis-vaccine-may-help-in-reducing-covid-19-deaths-study) ed è sbucato fuori questo studio di giugno (https://www.pnas.org/content/early/2020/07/07/2008410117) apparentemente ben fatto nel quale si dimostrerebbe la capacità del vaccino anti TBC di far abbassare addirittura del 30% il tasso di mortalità tra coloro che ll hanno assunto. Uno studio valido sia per la ricerca ad ampio spettro temporale che geografico.
Sarebbe curioso se gran parte dei problemi fossero risolti da un vaccino di un secolo fa a dispetto di quello che ancora deve venire – e chi legge e ascolta le massime autorità del settore sa che lo definiscono praticamente impossibile da realizzare al punto che ModeRNA e soci si stanno inventando un “nuovo modello” tutto da verificare nella sua efficacia e soprattutto sicurezza – con buona pace del nostro Speranza e degli amici di AstraZeneca.
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Piccola nota di colore da Taipei dove si celebrerà il primo festival del cinema live post esplosione della “pandemia”: https://www.taiwannews.com.tw/en/news/3964020. Perché le buone notizie fanno sempre bene.
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Chiudo con il classico consiglio video.
Questa volta UnHerd – LockdownTV ha intervistato la dottoressa Aleman di Stoccolma che aggiorna sui progressi della strategia svedese e focalizza l’attenzione sulla T-cell immunity.
Mentre i nostri media sono arrivati a definire gli svedesi come gli “appestati d’Europa” giova ricordare, almeno per coloro che non si fermano ai media di regime, che la loro strategia sta funzionando, anche se loro continuano a predicare calma a differenza dei nostri ridicoli governanti che raccontano di essere d’esempio per gli altri (sì, di quello che non si doveva fare).