Oggi, grazie alla Festa dell’Unità – per chi non lo sapesse è nata così, chiedete a Bossi – in salsa verde, si è finalmente iniziato a parlare un po’ più diffusamente del referendum che il 22 ottobre chiamerà al voto noi lombardi e gli amici veneti.
Sono ormai 26 anni, dal lontano gennaio 1991, che la Lega Nord tormenta e sollazza al tempo stesso il gregge nordico con l’idea della secessione/autonomia.
Ricordo che campeggia tutt’ora nello Statuto (http://www.leganord.org/phocadownload/ilmovimento/statuto/Statuto.pdf) la seguente frase:
Art. 1 – Finalità “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania” (di seguito indicato come “Lega Nord”, “Lega Nord – Padania” o “Movimento”), è un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana.
E da 26 anni la “promessa” è sempre stata puntualmente disattesa?
Certo! Ma no per il destino cinico e baro, bensì perché non l’hanno mai voluta fare e mai la faranno. Nemmeno ci pensano, ma i voti e qualche prebenda in più si raccolgono anche così.
Ma torniamo al nostro bel referendum e facciamo il gioco di quelli che ricostruiscono il percorso. Vedrete che arriveremo alla fine con le idee più chiare, almeno spero.
Andiamo sul sito della regione Lombardia http://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/istituzione/referendum-autonomia e poi nella pagina dedicata al quesito http://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/istituzione/referendum-autonomia/referendum-consultivo-autonomia-lombardia.
Ed ecco il testo del quesito:
“Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”
Tutto molto bello, no?
Quindi se vince il SI’ ci danno più autonomia e, come afferma il buon Maroni, potremo gestire qualcosa come 27 miliardi (http://www.ilgiorno.it/milano/politica/referendum-lombardia-1.3400656) in più pro domo nostra?
Ovviamente NO!
Si tratterebbe di un primo passaggio – il referendum è consultivo (modo elegante per definire questa tipologia di referendum “carta straccia”) – al quale dovrebbero far seguito altri passaggi che, come dice chiaramente il testo del quesito – e qui casca l’asino direbbero quelli forbiti – sarebbero da farsi ai sensi dell’Art. 116 comma terzo della Costituzione.
Ma cosa dice l’Art. 116 comma terzo (https://www.senato.it/1025?sezione=136&articolo_numero_articolo=116)?
Vai col testo:
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Ok! Quindi tocca andare a leggere l’Art. 117 comma terzo e soprattutto l’Art. 119.
L’Art. 117 comma terzo definisce gli ambiti della legislazione concorrente, ovvero quelli nei quali la regione interessata potrebbe chiedere margini di autonomia (https://www.senato.it/1025?sezione=136&articolo_numero_articolo=117):
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Già in questo articolo al comma due si chiarisce come su alcune delle competenze sulle quali Maroni millanta di poter ottenere maggior autonomia lo Stato abbia legislazione esclusiva.
L’Art. 119 definisce il livello di autonomia finanziaria degli enti locali (https://www.senato.it/1025?sezione=136&articolo_numero_articolo=119).
Leggetelo pure, ma a me interessa il primo comma:
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Qui c’è la chiave dell’impossibilità concreta degli enti locali di “allargarsi” troppo dal punto di vista finanziario.
Oggi l’80% delle decisioni prese dal Parlamento italiano deriva da “direttive” – modo elegante per definire gli ordini della Commissione Europea – europee. al 100% manca poco e forse a Maroni e soci concederanno l’autonomia sulle attività varie ed eventuali.
Tutto chiaro?
Devo fare dei disegnini?
La questione è semplice. Potevano fare una bella delibera regionale a seguito della quale Maroni e Zaia alzavano le chiappe e le portavano a Roma per chiedere quei margini di autonomia di cui parlano.
Hanno scelto il referendum, il cui esito notoriamente viene rispetto allo 0% dal Parlamento per dare al gregge del nord l’impressione di contare ancora qualcosa. Lo chiamano fumo negli occhi.
Non mi dilungo oltre e dico solo che il 22 ottobre sarà per me il primo atto del non-voto in aperta protesta con l’ipocrita sistema definito democratico, che di tal parola non ha assolutamente nulla.
L’esercizio meccanico del voto non avrà alcun significato fino a quando il giorno dopo continueranno ad esserci nuovi nati a cui i medici non dicono “Benvenuto!”, ma “Ricordati che da oggi hai 35.000 euro di debito sul groppone”.
Nessun significato finché ci saranno persone, non cittadini, privi di cibo, acqua, energia e casa gratuiti per diritto di nascita.
Nessun significato finché sarà permesso a 500 persone di detenere il 90% delle ricchezze mondiali senza che questo faccia letteralmente incazzare tutti gli altri 7 miliardi 533 milioni e rotti.
Ma che senso vuoi che abbia, dai!
E comunque se dopo 26 anni il gregge del nord si dimostrerà così pirla da credere ancora alla favoletta dell’autonomia… ma di che stiamo a parlare?